La definizione di disturbi
d’ansia comprende un insieme di quadri sintomatologici che in passato rientravano
nel grande capitolo delle nevrosi. Alla base dei disturbi è la sintomatologia
ansiosa, espressione di uno stato di sofferenza caratterizzato da timore,
insicurezza, paura, senso di catastrofe imminente.Secondo la tradizione
psichiatrica, il termine nevrosi indicava precisi quadri sindromici di cui
Freud per primo fornì una classificazione sistematica. Analizzando gli aspetti
clinici e psicopatologici, egli individuò nel quadro “nevrosi d’ansia” elementi
comuni come gli episodi acuti di angoscia, l’aspettativa ansiosa e le fobie.
Inoltre, in un secondo momento, distinse precise classi sindromiche: la nevrosi
d’ansia, la nevrosi fobica e la nevrosi ossessiva.Il termine nevrosi
è stato oggetto successivamente di diverse interpretazioni, per poi essere oggi
considerato superato alla luce dei tentativi di fornire una visione unitaria dei
disturbi d’ansia. Tra i sistemi di classificazione più diffusi, il DSM-IV
(Diagnostic and Statistical Manual of
Mental Disorders, ed. IV) ha eliminato il termine nevrosi
sostituendolo con la dizione generica “disturbo”. La decima versione
dell’International Classification of Diseases (ICD-10) mantiene nell’intestazione la
definizione di “disturbi nevrotici correlati allo stress e somatoformi”, mentre i
singoli quadri diagnostici sono indicati con il termine di “disturbo”. L’abbandono
del termine nevrosi è, peraltro, ancora oggi oggetto di accesi dibattiti: resta il
fatto che la praticità dei nuovi sistemi classificatori permette un approccio
prevalentemente pragmatico, rendendo altresì più agevoli le scelte terapeutiche.
Inoltre, sono stati resi possibili, grazie alla standardizzazione dei disturbi
d’ansia, vari studi sulla popolazione che hanno portato a ulteriori progressi nello
stabilire la prevalenza e l’incidenza delle varie patologie. Dal punto di vista
epidemiologico, i disturbi d’ansia rappresentano il tipo di patologia mentale più
frequente nella popolazione. Studi recenti confermano che i disturbi ansiosi
presentano una prevalenza annua oscillante tra il 2% e il 5%. Inoltre, tra i
pazienti visitati in medicina generale la prevalenza dell’ansia e dei disturbi a
essa correlati è risultata del 3,2%. Tutti gli studi finora condotti evidenziano una
maggior incidenza di questi disturbi tra le femmine rispetto ai maschi, con un
rapporto di circa 2,5:1 (nell’agorafobia questo rapporto aumenta fino a 3,5:1). Il
rischio, inoltre, risulta essere maggiore nei parenti di primo grado. Alla luce
delle classificazioni oggi utilizzate, studi epidemiologici condotti negli Stati
Uniti e in Europa hanno evidenziato che la prevalenza annuale del disturbo da
attacchi di panico (DAP) oscilla tra lo 0,4% e l’1,5% della popolazione generale e
tra il 2,5% e il 6% per l’agorafobia. Per quanto riguarda il disturbo da ansia
generalizzato (GAD), la prevalenza è compresa tra il 2,5% e il 6,5%, tra lo 0,9% e
il 2,6% per la fobia sociale, tra il 3% e l’8% per le fobie semplici. Il disturbo
ossessivo-compulsivo (DOC), attualmente ancora compreso nel capitolo dei disturbi
d’ansia del DSM-IV, mostra un tasso di prevalenza tra il 2% e il 4%. Per quanto
riguarda l’età di insorgenza, è stato osservato che il DAP inizia tipicamente tra i
15 e i 35 anni, mentre la fobia sociale e il DOC hanno, in media, età di esordio più
precoci, tra i 15 e i 25 anni.Nel DSM-IV i disturbi dissociativi, i
disturbi somatoformi e dell’adattamento vengono distinti dai disturbi d’ansia. In
questi ultimi, risultano compresi il disturbo da attacchi di panico con e senza
agorafobia, il disturbo da ansia generalizzato, l’agorafobia senza storia di DAP, la
fobia sociale e specifica, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo
posttraumatico da stress, il disturbo da stress acuto, il disturbo d’ansia dovuto a
condizioni mediche e quello indotto da sostanze.Nell’ICD-10 vengono
trattati nella stessa sezione i “Disturbi d’ansia, da stress e somatoformi”, che
sono poi suddivisi in disturbi d’ansia fobica, altri disturbi d’ansia, disturbo
ossessivo-compulsivo, reazioni a stress grave e disturbi dell’adattamento, disturbi
dissociativi (di conversione), disturbi somatoformi, altri disturbi nevrotici. Un
ulteriore elemento di differenziazione tra le due classificazioni è che nell’ICD-10
la contemporanea presenza di un episodio depressivo impedisce di porre diagnosi di
disturbo di attacchi di panico, mentre il DSM-IV non solo elimina la dicotomia
diagnostica tra i due disturbi, ma ne evidenzia la comorbidità, indice di una
maggiore gravità dal punto di vista del decorso e della
prognosi.Dall’analisi del DSM-IV emerge una distinzione sostanziale tra
ansia acuta (attacchi di panico) e ansia cronica (ansia generalizzata). Particolare
evidenza poi, è stata attribuita ai disturbi da attacchi di panico, considerando
l’agorafobia secondaria o strettamente legata al DAP. Infatti, il DSM-IV divide il
DAP nelle forme con e senza agorafobia, mentre quest’ultima, intesa come la paura di
restare soli, di trovarsi in luoghi affollati o pubblici dove sia impossibile
fuggire, assume una posizione di secondo piano; non viene peraltro evidenziata la
varietà clinica dell’agorafobia senza attacchi di panico. Nell’ICD-10, al contrario,
l’agorafobia viene distinta nelle forme con e senza attacchi di panico, inserita nel
gruppo dei disturbi di ansia fobica, ponendo così in posizione subordinata il quadro
sintomatologico degli attacchi di panico. Sempre in questo gruppo, l’ICD-10
sottolinea come l’ansia debba essere strettamente correlata con la condizione fobica
e non deve essere secondaria ad altra psicopatologia (come deliri e pensieri
ossessivi).Così come la classificazione dell’OMS, anche quella
dell’American Psychiatric Association (DSM-IV) descrive due forme di fobia: la
semplice e la sociale. Nella prima il paziente mostra un paura irrazionale nei
confronti di oggetti o situazioni specifiche, diverse da quelle indicate per la
fobia sociale o per l’agorafobia, comprendenti animali, altezze, sangue, temporali e
agenti atmosferici, buio, ecc. La paura conduce a un comportamento di evitamento
tale, in alcuni casi, da interferire gravemente con la normale vita del soggetto.
Per quanto riguarda invece la fobia sociale, l’esposizione a giudizio altrui e la
paura di poter agire in maniera imbarazzante di fronte a terzi inducono il soggetto
a essere incapace di parlare in pubblico, a tremare se deve scrivere in presenza di
altri, a non saper parlare in situazioni sociali, ecc. È un disturbo che insorge
prevalentemente nell’adolescenza e può portare anch’esso a gravi comportamenti di
evitamento. Si distinguono forme “primarie” e “secondarie”: in queste ultime, il
disturbo fobico risulta associato a episodi critici (attacchi di panico spontanei).
Questa distinzione riveste notevole importanza dal punto di vista terapeutico,
poiché le forme secondarie trovano giovamento dall’uso di antidepressivi che, al
contrario, risultano inefficaci nelle forme primarie. Inoltre, l’uso di
b-bloccanti nella fobia sociale non risolve la concomitante
presenza di attacchi di panico.Il disturbo d’ansia generalizzato (DAG o
GAD: generalized anxiety disorder) è caratterizzato, secondo il
DSM-IV, da ansia persistente per almeno 6 mesi, continuo stato di allarme, tensione
motoria, iperattività neurovegetativa e ipervigilanza. Sintomo patognomonico del
disturbo risulta poi essere l’attesa apprensiva con anticipazione pessimistica. La
classificazione dell’ICD-10 inserisce questo disturbo nel capitolo “Altri disturbi
d’ansia”, escludendo tutte quelle situazioni in cui l’ansia risulta in relazione a
precise condizioni ambientali. Spesso il GAD è presente in concomitanza con altri
disturbi mentali, rendendo così difficile un preciso inquadramento diagnostico; in
particolare, spesso la diagnosi viene posta sulla base dell’esclusione di altre
condizioni morbose.Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC od OCD:
obsessive-compulsive disorder) è essenzialmente
caratterizzato da ossessioni e compulsioni.Le prime sono definite come pensieri
vissuti dal soggetto in modo intrusivo e fastidioso. Il paziente è pienamente
cosciente che questi pensieri siano un prodotto della propria mente, ma non riesce
ad allontanarli. Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi che il soggetto esegue
in risposta alle idee ossessive. L’atto è compiuto secondo regole precise e vissuto
con un senso di coercizione, senza che ci sia piacere in questo comportamento.
Talvolta, la componente ossessiva può prevalere su quella compulsiva e viceversa, a
volte non si riesce a determinare quale sia l’idea ossessiva alla base del
comportamento iterativo, fatto che riveste importanza anche nella scelta del
trattamento terapeutico. Il DOC attualmente è inserito dal DSM-IV nel gruppo dei
disturbi d’ansia, ma le peculiarità cliniche di questa patologia permettono di
ipotizzarne, in un prossimo futuro, una collocazione
indipendente.Un’ulteriore categoria diagnostica del DSM-IV comprende il
disturbo posttraumatico da stress (DPTS) e il disturbo da stress acuto. L’evento
stressante riveste in tali forme un ruolo etiologico rilevante nell’insorgenza della
patologia. Caratteristiche tipiche del DPTS sono il riesperimento dell’evento
traumatico, il persistente evitamento degli stimoli associati al trauma e lo stato
di ipervigilanza. Notevole risulta essere la compromissione della normale vita
sociale del soggetto. Il disturbo da stress acuto è caratterizzato dalla
transitorietà dei disturbi (meno di 1 mese), che lo differenziano dal DPTS. In
questo tipo di disturbi spesso risultano associate imponenti manifestazioni ansiose
anche a carattere somatico.L’ICD-10 include anche un’ulteriore definizione
nel gruppo di “Altri disturbi d’ansia”, ossia il disturbo misto di ansia e
depressione, che pone l’accento sulla comorbidità delle patologie. Le due
sintomatologie spesso si presentano contemporaneamente, rendendo difficile isolare
una forma dall’altra. È stato osservato, infatti, come ai disturbi dell’umore, sia
nelle forme maggiori sia in quelle minori, sia negli episodi misti, spesso siano
associati vari quadri di disturbi d’ansia. Molti studi hanno evidenziato la
frequente associazione, ad esempio, tra i disturbi da attacchi di panico e la
depressione maggiore. La distinzione tra ansia e depressione può essere difficile
poiché alcuni sintomi, come i disturbi del sonno, dell’appetito, la difficoltà di
concentrazione, l’irritabilità e l’affaticamento, possono essere presenti in
entrambe le patologie. Risulta inoltre importante porre una corretta diagnosi anche
in previsione del trattamento poiché, ad esempio, l’uso esclusivo di benzodiazepine
in presenza di depressione può favorire la persistenza della sintomatologia
depressiva e incidere negativamente sul decorso della malattia, favorendone la
cronicizzazione. Necessaria risulta quindi l’adozione di strategie terapeutiche che
si adattino, di volta in volta, ai singoli casi.Il trattamento
farmacologico dei sintomi d’ansia si avvale di vari composti: le benzodiazepine (BDZ) sono storicamente
considerate di prima scelta. Esse svolgono principalmente attività ansiolitica,
ipnotica, anticonvulsivante e miorilassante; l’azione di questi composti è collegata
all’azione svolta sui recettori del GABA, potenziandone l’azione inibitoria.
Affiancati alle benzodiazepine trovano largo impiego gli antidepressivi (triciclici
e SSRI), in particolare nel trattamento del disturbo da attacchi di panico, anche in
assenza di una concomitante sindrome depressiva. Nel disturbo d’ansia generalizzato,
inoltre, vengono usati con buoni risultati anche gli SSRI, mentre l’uso di
b-bloccanti sembra essere utile nel ridurre la sintomatologia
somatica come i tremori, la tachicardia, la sudorazione, ecc.Una delle
complicazioni che più frequentemente risulta associata ai disturbi d’ansia è il
rischio di dipendenza (da alcool, da caffeina, da nicotina, ma soprattutto da
farmaci come le BDZ). Il paziente, per controllare la sintomatologia ansiosa, abusa
di queste sostanze fino a rendersene dipendente. È un’evenienza tutt’altro che rara
e, di conseguenza, deve sempre essere tenuta presente, soprattutto quando è previsto
un uso prolungato di BDZ.Affiancate alla farmacoterapia, altre tecniche
trovano largo impiego nel trattamento dei disturbi d’ansia. In particolare
nell’agorafobia, spesso particolarmente invalidante, l’esposizione in vivo
o quella in immaginazione si sono dimostrate efficaci, soprattutto se associate
all’intervento farmacologico. Altre tecniche sono quelle cognitivo-comportamentali,
più spesso utilizzate nel disturbo da attacchi di panico; il training autogeno, o
ancora gli interventi cognitivi o la desensibilizzazione sistematica utilizzata, ad
esempio, nelle fobie semplici e sociali. Scarsi sono invece i risultati della
terapia comportamentale nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo, per il
quale la farmacoterapia resta di prima scelta.