Impostazione psicoanalitica inaugurata da Melanie Klein, fondatrice della Scuola Inglese, che, pur partendo da una posizione di fedeltà nei confronti di S. Freud e non rinnegando mai la sua adesione alla psicoanalisi ortodossa, compie un’autentica rivoluzione e una formulazione esaustiva di un modello di analisi infantile (vedi
Psicoanalisi infantile), evolutasi poi in una visione originale della personalità da cui, vista la portata generale, la psicoanalisi non può prescindere. Tecnica del gioco. Le profonde innovazioni introdotte dalla Klein prendono l’avvio, sul piano clinico, dalla creazione di una tecnica di analisi infantile, la tecnica del gioco, attraverso cui il bambino, anche di soli 2-3 anni, con l’uso di giocattoli svolge una continua attività di personificazione, che nasce da un suo bisogno profondo di esplorare la realtà interna ed esterna, di dominare l’emergere dell’angoscia indotta dalle forze istintuali e dalle minacce interne ed essenzialmente di tentarne l’esplorazione attraverso l’attività ludica. La tecnica del gioco diventa quindi per il terapeuta la “via regia” all’inconscio del bambino, che gli permette, da una parte, di scoprire il suo ricco mondo interno, gremito di oggetti parziali e figure fantasmatiche, di fantasie e di angosce, e dall’altra di fornire la chiave di lettura dell’incredibile modo di operare della mente infantile. Inoltre, secondo la Klein, nel momento in cui l’atto ludico viene compiuto in presenza dell’analista, esso acquista immediatamente la valenza di comunicazione inconscia nell’ambito della relazione transferale (vedi
Transfert) e “attraverso i giochi il bambino esprime in maniera simbolica le sue fantasie, i suoi desideri e le sue esperienze reali. Egli usa lo stesso modo di esprimersi arcaico e filogenetico, lo stesso linguaggio, per così dire, che ci è familiare nei sogni e noi lo possiamo comprendere solo se lo trattiamo nel modo in cui Freud ci ha insegnato a trattare il linguaggio dei sogni, di cui l’interpretazione simbolica costituisce solo una parte (…). Ci è possibile afferrarne completamente il senso solo quando conosciamo le altre correlazioni nel contesto del gioco stesso e ci è chiara la situazione analitica generale della quale fanno parte” (1950) (vedi
Sogno).L’oggetto. La teoria kleiniana è definita teoria dell’oggetto , in quanto la priorità nell’ambito dello sviluppo psichico viene accordata anziché alle pulsioni, come postulato da Freud, alla risoluzione dell’ambivalenza nei confronti della madre. L’attenzione viene così rivolta al mondo interno ove gli oggetti, di cui si sottolinea fondamentalmente il tipo di relazione che il soggetto stabilisce con essi, si propongono quali veicoli di emozioni diverse e più strutturate, come amore, odio, aggressività, dipendenza. Quando la Klein sottolinea l’importanza nello sviluppo normale e patologico del rapporto con gli oggetti non si riferisce perciò a quelli reali, bensì a quelli interni, originati dai rapporti con le persone e dunque dall’esperienza con la realtà. Ad esempio, nel corso del trattamento analitico il bambino non trasferisce sul terapeuta il suo vissuto relativo alla relazione con i genitori reali, bensì quello fantasmatico con i suoi genitori interni.La Klein, ipotizzando la presenza sin dalla nascita della pulsione di vita e di morte, ritiene che essa sia proiettata (vedi
Proiezione) dal lattante sul medesimo oggetto, in specifico il seno, e che da tale ambivalenza, fonte di forte angoscia, nasca il primo meccanismo di difesa, la scissione dell’oggetto, messo in atto per porre fine a tale sensazione. Il risultato di questa attività dà origine alla polarità oggetto “buono”-oggetto “cattivo”, con la quale si definiscono i primi oggetti pulsionali dell’esperienza fantasmatica del bambino, derivanti dalla deformazione degli oggetti parziali, siano essi organi o prodotti corporei quali il seno, il pene, le feci, o totali, come la madre, che il soggetto esperisce come esistente al solo fine di soddisfare i suoi bisogni. Dalla scissione dell’oggetto parziale, il seno, traggono origine il seno “buono” e il seno “cattivo”, rispettivamente dispensatore di bontà e di frustrazione. L’origine dell’oggetto viene individuata dalla Klein sia nella peculiare percezione che il soggetto ha della realtà esterna, in particolare della propria madre, sia nella sua proiezione affettiva su di esso. Il bambino mescola così la sua percezione del mondo esterno con quanto vi è di interno alla sua mente, le proprie sensazioni corporee e stati d’animo con quelli che invece provengono dagli oggetti. L’oggetto “buono” è quindi ciò su cui il bambino proietta le proprie pulsioni libidiche (vedi
Libido) e la cui presenza permette all’Io di provare e conservare forti sentimenti di amore e di gratificazione. Secondo la Klein, esso si costituisce nel momento in cui sensazioni gradevoli fanno pensare al bambino che vi sia qualcosa che ha intenzioni benevole nei suoi confronti. Essenziale è il ruolo che tale oggetto riveste nelle primissime fasi della vita, in quanto solo attraverso una sua efficace introiezione e conservazione dentro di sé si può costruire una mente, un Io , una base di stabilità, mentre una sua perdita conduce a uno stato di angoscia, di marcata insicurezza, propria della posizione schizoparanoide. L’oggetto “cattivo” è ciò su cui il bambino proietta le proprie pulsioni distruttive; infatti, quando egli prova una sensazione corporea sgradevole, frustrante, essa viene intesa quale conseguenza di intenzioni persecutorie, cattive da parte dell’oggetto nei suoi riguardi. È il seno “cattivo” che viene vissuto come un fantasma primario che inizia ad animarsi nel lattante in seguito all’assenza, anche solo momentanea, della persona che rappresenta invece l’oggetto buono e su cui il bambino proietta tutta l’aggressività distruttiva causata dall’istinto di morte. Il seno viene allora a essere introiettato a pezzi, in seguito agli attacchi orali, saturo di intenzioni distruttive. La causa di tale stato va perciò individuata in una sofferenza non elaborata, che non può essere né pensata né tanto meno accolta (vedi
Contenimento). Un oggetto è buono o cattivo, secondo la Klein, non esclusivamente in relazione alla gratificazione o alla frustrazione che induce, bensì soprattutto in relazione alla dialettica della fantasia e alla qualità delle pulsioni che vengono proiettate su di esso.Posizione. In merito alla posizione, la Klein afferma: “Mi sembra più facile connettere a questo termine, anziché a vocaboli come ‘meccanismi’ o ‘fasi’, le differenze tra le angosce psicotiche dello sviluppo infantile e le psicosi degli adulti, per esempio il rapido passaggio – caratteristico del bambino – da una situazione di angoscia di persecuzione o da uno stato d’animo depressivo a un atteggiamento normale” (1935). Il concetto di posizione serve alla Klein per visualizzare lo stato di organizzazione psichica nella sua globalità e disporre di un modello capace di contenere la complessità delle relazioni oggettuali (vedi
Oggetto) e delle fantasie. Esso “implica una configurazione specifica del rapporto con l’oggetto, delle angosce e delle difese, che persistono per tutta la durata della vita” (Segal 1973) e le consente di uscire dalle psicosi infantili per occuparsi di quelle degli adulti.La posizione schizoparanoidea, rappresentando la fase più precoce dello sviluppo, è la più primitiva organizzazione dell’apparato mentale, in cui il bambino si relaziona con gli oggetti parziali, interni ed esterni. Essa continua, però, a esercitare la sua influenza nel corso di tutta la vita, nonostante gli influssi della posizione depressiva, cristallizzandosi nei casi di schizofrenia e paranoia. L’assetto difensivo di questa prima posizione è essenzialmente centrato sui meccanismi della scissione e della proiezione. “L’Io, mentre internalizza in modo avido e vorace l’oggetto e in primo luogo il seno, frammenta in vario grado se stesso e i suoi oggetti, ottenendo così una dispersione degli impulsi distruttivi e delle angosce persecutorie interne. Questo processo (…) è una delle difese della posizione schizoparanoide e che permane, secondo me, sino al terzo o quarto mese di vita (…). Ma, ogniqualvolta sorge dell’angoscia, essa è, a mio avviso, principalmente di natura paranoide e le difese contro di essa e i meccanismi usati sono prevalentemente schizoidi. Lo stesso vale per la vita emotiva del bambino nel periodo caratterizzato dalla posizione depressiva” (1957).Il periodo successivo, quello della posizione depressiva, inizia intorno al quarto mese di vita, quando il bambino comincia a integrare l’amore e l’odio per gli oggetti, le loro rappresentazioni parziali, la realtà esterna con il mondo interno, e viene superata durante il primo anno quando riconosce la madre come oggetto totale. Anche se secondo la Klein essa “non prende mai completamente il posto della posizione schizoparanoide; l’integrazione raggiunta non è mai completa e le difese contro il conflitto depressivo portano a una regressione ai fenomeni schizoparanoidi, così che l’individuo può continuare a oscillare fra le due posizioni” (1973). La scissione si attenua quando il bambino capisce che l’oggetto “amato” e quello “odiato” coincidono e quindi l’angoscia da persecutoria diventa depressiva, a causa del timore fantasmatico di distruggere la madre in seguito ai propri attacchi sadici. Quindi, i meccanismi di difesa messi in atto nella posizione depressiva sono le difese maniacali e i meccanismi riparativi; questi ultimi, uniti all’inibizione dell’aggressività possono condurre al superamento dell’angoscia depressiva. Ambedue le posizioni non possono mai essere totalmente elaborate, ma ricompaiono in talune occasioni della vita adulta e “tra posizione schizoparanoide e posizione depressiva si hanno sempre oscillazioni; esse fanno parte dello sviluppo normale” (1946).Riparazione. La riparazione è una delle principali attività psichiche della posizione depressiva e comprende tutti i tentativi che il bambino mette in atto per risparmiare all’oggetto totale i danni, derivanti dalla sua aggressività e invidia. È solo in seguito all’accettazione della propria dipendenza dall’oggetto materno che nascono le prime esperienze di gratitudine del bambino e quindi le conseguenti attività riparative. Tali studi della Klein, volti alla comprensione dei meccanismi primitivi infantili, hanno aperto la strada all’analisi dei pazienti psicotici (vedi
Psicosi) e borderline.

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