Malattia del sistema nervoso extrapiramidale, oggi classificata fra i cosiddetti “disordini del movimento”.Fu descritta originariamente dal medico-naturalista inglese James Parkinson nel 1817 nel celeberrimo Essay on the Shaking Palsy.I dati di incidenza media del m. di Parkinson (MP) si attestano su 20 nuovi casi per anno per 100.000 abitanti, con un picco di insorgenza della malattia sui 70-75 anni e due code sui 40-60 anni e sugli 80 anni. La prevalenza media si aggira su valori compresi tra 80 e 130 casi per 100.000 abitanti. Sono state proposte varie ipotesi eziopatogenetiche per il MP: virale, genetica, da tossici ambientali e da tossici endogeni; peraltro, solo quest’ultima regge alla conferma dei dati scientifici degli ultimi anni. L’ipotesi da tossici endogeni si basa sull’osservazione dell’elevata quantità di ferro presente nella substantia nigra dei parkinsoniani. L’azione tossica del ferro sarebbe dovuta al suo ruolo di catalizzatore della reazione di Fenton, la quale porta a una grande formazione di radicali liberi, fattori di stress ossidativo. In tutti i tessuti si ha la formazione di H2O2, dalla quale possono derivare, attraverso la reazione di Haber-Weiss, radicali liberi estremamente citotossici, cioè i radicali ossidrilici e l’ossigeno singoletto. In condizioni normali, questa reazione è lenta e poco dannosa, ma in presenza di metallo-ioni in forma ridotta, come il Fe2+, la velocità della reazione è fortemente aumentata (reazione di Fenton), con conseguente produzione di grandi quantità di radicali liberi citotossici. L’aumento di ferro nella substantia nigra dei pazienti parkinsoniani è esclusivamente limitato alla pars compacta e su questo dato fondamentale è nata l’ipotesi eziopatogenetica secondo la quale l’incremento di ferro nigrale sarebbe responsabile dello stress ossidativo. Esperimenti recenti hanno messo in evidenza che esiste una correlazione tra accumulo di ferro e gravità della malattia. Si è osservato che la substantia nigra dei soggetti parkinsoniani presenta caratteristiche particolari: (1) si ha una modificazione del rapporto Fe2+:Fe3+ che diventa 1:1, rapporto che sembra ottimale per la sintesi di radicali liberi; (2) nella pars compacta si ha una riduzione della ferritina; ciò suggerisce che altre molecole endogene in grado di legare il ferro potrebbero avere un ruolo rilevante. La neuromelanina (NM), presente nei neuroni dopaminergici della pars compacta della nigra, sembra avere un ruolo di rilievo, in quanto è stato osservato che nei neuroni dopaminergici non ancora degenerati di soggetti parkinsoniani il ferro è presente sotto forma di granuli associati alla NM. In un recente lavoro è stata studiata la struttura della NM mesencefalica umana con la tecnica della spettroscopia di risonanza magnetica nucleare allo stato solido. I dati emersi suggeriscono che la NM mesencefalica, in condizioni non patologiche, possa rappresentare un potente edificio molecolare nel sequestro e nell’insolubilizzazione del ferro; quindi la sua alterazione potrebbe portare a una liberazione di una quantità elevata di ferro, che potrebbe essere responsabile di un processo di perossidazione lipidica molto intenso.La lesione anatomopatologica più evidente del MP è l’alterazione morfologica della zona centrale e caudale della pars compacta della substantia nigra mesencefalica di Sömmering. Le modificazioni della substantia nigra consistono in una marcata riduzione numerica dei neuroni, nella depigmentazione dei neuroni, nella presenza di melanina extracellulare, nella presenza di macrofagi contenenti pigmento melaninico e nella frequente presenza di corpi di Lewy. Questi ultimi, riscontrabili nell’80% dei pazienti parkinsoniani, sono masse intracitoplasmatiche composte da proteine, acidi grassi liberi, sfingomielina e polisaccaridi. Al microscopio elettronico mostrano un nucleo centrale solido e molto denso circondato da un alone, simile a un girasole; hanno sede in prossimità del corpo cellulare, nei dendriti e nei neuriti. Le ricerche ultrastrutturali hanno permesso di distinguere i corpi di Lewy in due categorie, sia per localizzazione sia per morfologia: (1) corpi di Lewy del tronco, composti da sostanza granulare o filamentosa costituente un nucleo molto denso circondato da filamenti e contenuti nel pericario della cellula nervosa; (2) corpi di Lewy della corteccia, molto omogenei, sprovvisti di un nucleo centrale, formati da filamenti organizzati irregolarmente e contenuti nel neuropilo.Un altro elemento neuropatologico tipico del MP, già evidenziato da Spatz (1922) e da Lhermitte (1924), è la grande quantità di ferro presente esclusivamente nella pars compacta della substantia nigra: questo dato, come abbiamo visto, ha assunto oggi un’importanza fondamentale nella fisiopatologia del MP. Dal punto di vista sintomatologico, la malattia si instaura in modo insidioso e nel 70% dei casi il sintomo di esordio è rappresentato dal tremore; spesso la sintomatologia di esordio tende a essere unilaterale o asimmetrica e può rimanere tale per molti anni. I segni cardinali della malattia sono: rigidità, tremore, acinesia e, più tardivamente, alterazioni della postura e dell’equilibrio. Frequente la presenza di depressione (60% circa dei casi).Rigidità. È un sintomo caratteristico e costante e spesso può costituire per lungo tempo l’unico sintomo della malattia. È importante ricordare che, a 2 anni dall’esordio dei primi sintomi, il 100% degli affetti dal MP presenta rigidità: pertanto, in sua assenza se ne può escludere la diagnosi. Consiste in un aumento del tono muscolare apprezzato dal paziente come un irrigidimento muscolare e dall’esaminatore come una resistenza continua al movimento passivo, sia estensoria sia flessoria, definita ipertonia plastica o a tubo di piombo. La rigidità, inizialmente localizzata alla muscolatura assiale, cervicale e prossimale degli arti, tende successivamente a interessare anche le estremità distali e a prevalere nei gruppi muscolari flessori e adduttori, determinando il classico atteggiamento posturale del parkinsoniano definito camptocormia, caratterizzato da capo e tronco in lieve flessione, spalle in avanti, braccia aderenti al torace, avambracci semiflessi e intraruotati, cosce addotte e in modesta flessione, gambe leggermente flesse e i piedi in posizione di iniziale varismo. Sovrapposti alla rigidità si apprezzano, durante la mobilizzazione passiva, specie al polso e al gomito, piccoli, regolari e ritmici cedimenti dell’ipertonia muscolare che configurano il cosiddetto fenomeno della ruota dentata o troclea.Tremore. Si manifesta a riposo ed è causato dalla contrazione ritmica di tipo alternante di muscoli antagonisti con una frequenza di 4-6 Hz; scompare durante l’esecuzione di movimenti volontari e tende a migliorare quando il paziente è tranquillo fino a scomparire durante la notte. Si localizza preferenzialmente agli arti e, in particolare, ai segmenti distali dell’arto superiore per cui il pollice presenta movimenti di abduzione-adduzione e le altre dita di flesso-estensione, realizzando un movimento descritto come “contare monete” o “confezionare pillole”.Acinesia. I movimenti associati e automatici, che normalmente vengono eseguiti in modo regolare e armonioso senza l’intervento della volontà, sono compromessi e richiedono attenzione e concentrazione; il movimento volontario è quantitativamente ridotto e alterato in tutte le fasi della sua realizzazione; ad esempio, movimenti ripetitivi di tipo rapido e alternato, come battere ritmicamente le dita della mano, sono eseguiti lentamente con una graduale riduzione in ampiezza e in completezza. La deambulazione avviene lentamente e a piccoli passi, i piedi sono strisciati al suolo prevalentemente con la punta e i movimenti pendolari degli arti sono molto ridotti o aboliti. L’avvio alla marcia è particolarmente difficoltoso in quanto il paziente avverte i piedi come incollati al terreno; analogamente, nei cambiamenti di direzione, quando incontra un ostacolo, nel passare attraverso spazi ristretti, esita e si blocca configurando il fenomeno dell’acinesia paradossa o freezing. Nelle fasi più avanzate della malattia si ha una tendenza costante all’anteropulsione, che si evidenzia come progressiva accelerazione dell’andatura, fenomeno denominato festinazione. La perdita della normale espressione facciale, la cosiddetta facies figée, è spesso un segno precoce; inoltre, il linguaggio è monotono, lento e senza inflessioni. In alcuni casi, dopo l’inizio lento e difficoltoso del discorso, si ha una tendenza alla progressiva accelerazione, nota come fenomeno della festinazione del linguaggio. Anche le alterazioni della scrittura rappresentano sintomi iniziali: i caratteri grafici sono irregolari, ineguali, disturbati dal tremore e vanno facendosi sempre più piccoli, realizzando la tipica micrografia del parkinsoniano.Alterazioni posturali. Si è già accennato al classico atteggiamento posturale del parkinsoniano denominato camptocormia, ma, nel progredire della malattia, si associa una progressiva compromissione dei meccanismi riflessi di fissazione posturale che può diventare responsabile di antero-retropulsione e di cadute a terra, limitando gravemente l’autonomia.Altri segni o sintomi. La scialorrea è sintomo frequente nelle fasi avanzate della malattia ed è espressione di un’inadeguata deglutizione spontanea; inoltre, è sempre presente una disfunzione vegetativa con iperidrosi, seborrea e costipazione. Altra caratteristica pressoché costante è la presenza di una sindrome depressiva, che in quasi 1/4 dei casi precede la comparsa dei primi sintomi motori. La depressione che accompagna il MP risulta essere per lo più di intensità sintomatologica non grave, con una prevalenza del cluster sintomatologico di tipo distimico (astenia, apatia, anedonia).La depressione prevale nelle forme ipertoniche rispetto alle tremorigene e nell’emiparkinsonismo destro rispetto al sinistro.La diagnosi è clinica e si basa sul riscontro della tipica triade sintomatologica. La diagnosi differenziale nei confronti di altre sindromi extrapiramidali si basa sulla presenza di classico tremore a riposo, sul decorso lentamente progressivo e sulla risposta al trattamento con levodopa che non si ha nelle altre patologie extrapiramidali. Il decorso della malattia è variabile, pertanto sono state distinte due forme: (1) forma ipercinetica dominata dal tremore, con età di insorgenza più precoce ed evoluzione clinica più lenta, benigna e meno invalidante; (2) forma acinetico-ipertonica, dominata clinicamente da grave rigidità e acinesia, con precoce instaurazione di turbe posturali e dell’andatura, a evoluzione rapidamente invalidante.L’introduzione della terapia con levodopa ha profondamente modificato la storia naturale della malattia: la grande maggioranza dei pazienti sviluppa dopo alcuni anni di trattamento, in media almeno 5, una serie di complicazioni e fluttuazioni cliniche nota con il nome di sindrome da cronico trattamento con L-dopa (LTS): la più precoce e comune delle fluttuazioni cliniche è il fenomeno del deterioramento di fine dose o wearing-off, caratterizzata dalla minore durata dell’effetto terapeutico della dose di L-dopa (da 4 ore iniziali fino a 1-2 ore), per cui il paziente sperimenta una ricorrente disabilità prima della dose successiva; progressivamente si instaura una periodica e improvvisa alternanza di periodi di conservata mobilità (fasi on) e periodi di marcata acinesia con accentuazione del tremore e della rigidità (fasi off). Tali oscillazioni possono divenire del tutto casuali e imprevedibili, senza rapporto temporale con la somministrazione del farmaco (effetto yo-yo). Durante le fasi on si può osservare la comparsa di discinesie, che più spesso si presentano in coincidenza del picco ematico della levodopa oppure bifasicamente prima e alla fine dell’effetto di ciascuna dose; si possono avere turbe neuropsichiatriche con frequenti disturbi del sonno e fenomeni allucinatori di tipo allucinazioni visive notturne.Il trattamento del MP si basa, nelle fasi iniziali, su farmaci anticolinergici costituiti da triesifenidile, orfenadrina, biperidene, prociclidina, cicrimina, metixene, bornaprina e demexetemide, che determinano un beneficio sulla rigidità, sul tremore e sulla scialorrea. Gli effetti collaterali sono frequenti e caratterizzati da secchezza delle fauci e nasale, gengiviti, stipsi, tachicardia, vertigini, nausea, ritenzione vescicale, midriasi con difetti di accomodazione, ma l’effetto collaterale più importante è lo stato confusionale con o senza allucinazioni. Esistono controindicazioni assolute in pazienti affetti da glaucoma ad angolo acuto, nei casi con importante ipertrofia prostatica e nei pazienti con disturbi psichici. Col progredire della malattia si pone l’indicazione all’uso della levodopa, che induce nella grande maggioranza dei casi un rapido e significativo miglioramento della sintomatologia, in particolare della rigidità e dell’acinesia, assai meno del tremore. Il limite della L-dopa è, come abbiamo visto, la comparsa della sindrome da cronico trattamento. È pertanto stata sviluppata dalla ricerca e poi trasferita in clinica tutta una serie di farmaci dopamino-agonisti. Questi sono rappresentati da:Bromocriptina : può essere inizialmente usata in monoterapia o in aggiunta alla L-dopa; ha una notevole quantità di effetti collaterali come nausea, vomito, ipotensione ortostatica e, molto importanti, allucinazioni e stati confusionali che impongono la sospensione del farmaco.Lisuride : è stata dimostrata la sua efficacia nel ridurre la sintomatologia parkinsoniana, incluso il tremore; in associazione precoce con L-dopa a basso dosaggio sembra preservare nel tempo i pazienti dalla LTS o ridurre i sintomi quando sono presenti; gli effetti collaterali e la tolleranza sono simili alla bromocriptina.a-diidroergocriptina: dagli studi condotti emerge che la sua efficacia è simile a quella della bromocriptina, mentre produce meno effetti collaterali specie a carico dei sistemi cardiovascolare e gastrointestinale.Pergolide : ha una potenza circa 10 volte superiore alla bromocriptina e presenta alcuni vantaggi dovuti alla sua lunga emivita, cioè la somministrazione bigiornaliera e la possibilità di una stimolazione non intermittente, ma continua dei recettori striatali D1 e D2; gli effetti collaterali sono simili, ma meno intensi di quelli degli altri ergot-derivati.Ropinirolo: è un dopamino-agonista non-ergot derivato, che agisce sui D2 recettori. Possiede una moderata efficacia antidepressiva. Sembra influenzare particolarmente i sintomi motori.Cabergolina: è un derivato ergolinico con proprietà di agonista selettivo dei recettori D2 e vita media di circa 65 ore, il che potrebbe favorire la monosomministrazione quotidiana. Gli effetti collaterali sono simili a quelli della bromocriptina.Pramipexolo: agonista dopaminico non-ergot derivato simile al ropinirolo, con particolare efficacia sul tremore a riposo.Altri farmaci utilizzati sono:Deprenyl: è un inibitore delle MAO-B. È stato dimostrato un miglioramento della sintomatologia clinica per potenziamento dell’effetto della L-dopa somministrata contemporaneamente. Inoltre, l’associazione dei due permette una riduzione del fenomeno del deterioramento di fine dose, delle modeste fluttuazioni della motricità e dell’acinesia notturna e mattutina presenti nei soggetti in cronico trattamento con L-dopa. Sembra aumentare in molti casi il tono affettivo dei pazienti. Gli effetti collaterali sono costituiti da nausea, ipotensione arteriosa, gastralgie, allucinazioni e, in pazienti con LTS, può accentuare fenomeni discinetici e posturali.Amantadina: agisce sui sintomi cardinali del MP; la sua efficacia si manifesta sia in monoterapia, nelle forme iniziali, sia in associazione con L-dopa ed è attivo nei 2/3 dei casi circa. Tuttavia, la sua efficacia si esaurisce nel tempo (10-12 mesi); gli effetti collaterali più comuni sono edemi agli arti inferiori, irritabilità, insonnia, vertigini e, talora, confusione mentale.Infine, bisogna ricordare che, negli ultimi anni, è stata proposta una serie di interventi neurochirurgici, tra cui la talamotomia rappresenta l’intervento stereotassico di prima scelta: questo intervento riduce controlateralmente il tremore e la rigidità senza modificare la bradicinesia e l’instabilità posturale. L’effetto è di durata variabile da qualche mese a qualche anno; non risulta efficace nei disturbi discinetico-posturali della LTS, ma esistono ancora oggi indicazioni a questo tipo di trattamento nel MP emilateralizzato con prevalenza del tremore e senza progressività nel soggetto giovane. È stato descritto, in 2 casi di MP non più rispondenti alla terapia medica, un marcato miglioramento dopo trapianto omologo di tessuto cromaffine surrenalico nel nucleo caudato, ma altri interventi analoghi eseguiti sulla scia del successo terapeutico non hanno evidenziato una riproducibilità dei risultati. Un altro approccio neurobiologico-chirurgico al MP recentemente proposto consiste nell’impiantare nel caudato e nel putamen di parkinsoniani avanzati e resi immunodepressi tessuto contenente cellule dopaminergiche prelevato dal mesencefalo di feti umani di 8-10 settimane; i risultati sono per ora poco convincenti. Esiste un generale accordo nella comunità scientifica che, per ora, il trapianto di tessuto dopaminergico (di origine omologa surrenalica o eterologa embrionaria) non rappresenti una terapia alternativa neppure nei parkinsoniani più avanzati, ma solo un approccio sperimentale che necessita di ulteriori e più approfondite conoscenze. Attualmente, è in corso la sperimentazione di un nuovo approccio neurochirurgico costituito dall’impianto, a livello talamico, di stimolatori elettrici ad alta frequenza, soprattutto nell’intento di ridurre il tremore (deep brain stimulation).