La difenilidantoina (5,5-Difenil-2,4-imidazolidinedione) (PHT) è stata il primo farmaco testato in modelli animali di epilessia sperimentale prima di essere introdotto in clinica umana (Merritt e Putnam 1938). È considerato di prima scelta per il trattamento delle crisi generalizzate tonico-cloniche e delle crisi parziali semplici e complesse, nonché per il trattamento acuto dello stato di male epilettico. Non è efficace nelle crisi generalizzate tipo assenza, negli spasmi infantili, nella s. di Lennox-Gastaut, o nell’epilessia mioclonica giovanile, potendo persino peggiorare l’epilessia con mioclono baltico (vedi
Epilessie).L’uso della PHT è spesso raccomandato nella profilassi dell’epilessia post-ictus, postoperatoria (in neurochirurgia) e posttraumatica (cerebrale) (vedi
Epilessia posttraumatica), ma i risultati sono controversi. Può essere impiegata nella terapia della nevralgia trigeminale e delle sindromi miotoniche.Meccanismo di azione. L’azione anticonvulsivante della PHT è così riassunta: le crisi sono inibite da (1) stimolazione della pompa Na+/K+; (2) blocco dell’influsso passivo del Na+; (3) blocco dell’uptake del Ca2+ nei terminali presinaptici; (4) aumento dei potenziali inibitori postsinaptici cloro-mediati; (5) inibizione della fosforilazione proteica e del release di neurotrasmettitori; (6) interazioni con i fosfolipidi, con effetti secondari sugli enzimi legati alle membrane. Questi ultimi due meccanismi comprendono la soppressione dell’accumulo di adenosin-monofosfato ciclico (cAMP) e guanosin-monofosfato ciclico (cGMP).Farmacocinetica. Poco solubile in acqua, dopo l’ingestione mostra un picco plasmatico tra 4 e 8 ore, con una biodisponibilità dell’85-95%. Ha un metabolismo soggetto a cinetica di saturazione (o di “ordine zero”), ovvero ad alte dosi il livello plasmatico cresce in maniera sproporzionata, con conseguenti rischi di tossicità. Il volume di distribuzione è di 0,5-0,8 l/kg; l’emivita è di 10-40 ore ed è legata alle proteine per il 90% circa. Il range terapeutico è di 10-20 pg/ml. La clearance varia da 0,018 a 0,026 l/kg/die.La somministrazione im dà luogo a precipitazione, mentre quella ev causa una rapida distribuzione cerebrale, con concentrazioni cerebrali allo steady state di 0,75-1,2 volte quelle plasmatiche. La dose classica di trattamento (300 mg/die) equivale a 4-6 mg/kg/die circa.Interazioni farmacologiche. Può ridurre le concentrazioni plasmatiche di carbamazepina, aloperidolo e altri farmaci per induzione metabolica. Gli antiacidi possono causarne un diminuito assorbimento, mentre l’acido valproico può abbassarne i livelli ematici per spiazzamento dai siti di legame proteico. Anche il vigabatrin ne causa una diminuzione nel plasma, ma il meccanismo non è chiaro.Effetti collaterali. A dosi tossiche, la PHT causa un’integrazione cerebello-vestibolare dell’attività motoria, con conseguenti nistagmo e atassia. Raramente, si può avere un’esacerbazione delle crisi.Un trattamento prolungato ad alte dosi può causare un’encefalopatia reversibile (demenza idantoinica) (Rosen 1966). Gli effetti cognitivi sono controversi, ma in generale sempre presenti ad alte dosi. A lungo termine può dar luogo a iperplasia gengivale, irsutismo, acne e disturbi connettivali con appiattimento della mimica facciale (facies idantoinica). È stata descritta anche una neuropatia periferica.