(ingl. ego psychology; ted. Ichpsychologie)All’interno delle teorie psicoanalitiche è un indirizzo che integra il modello intrapsichico freudiano, fondato sul rapporto fra le pulsioni, i bisogni e le fantasie inconsce e la realtà, e un modello che privilegia i problemi di adattamento della parte cosciente a un mondo esterno.Prima del 1922, Freud aveva usato il termine “io” facendo riferimento all’insieme di idee consce, largamente dominanti, dalle quali si scinde il rimosso. Nel 1922, in L’Io e l’Es cominciò a usare la parola Io per definire una delle tre istanze psichiche fondamentali della mente (accanto all’Es e al Super Io) . Le funzioni principali dell’Io consistevano nel rappresentare la realtà e, attraverso la costruzione di difese (vedi
Difesa, meccanismi di), nell’incanalare e controllare le spinte pulsionali interne di fronte alla realtà.I temi importanti sui quali si sono interrogati gli psicologi dell’Io riguardano l’esistenza di una capacità progressiva di realizzare i compiti difensivi dell’Io, se questa progressione è un processo determinato dall’interno oppure se i fattori ambientali possono facilitarne o inibirne lo sviluppo; l’influenza sull’io del contatto e dell’interiorizzazione delle prime persone che si prendono cura del bambino; il rapporto fra le pulsioni libidiche e aggressive e lo sviluppo iniziale dell’Io.Lo spostamento dell’asse psicoanalitico dai conflitti Es-Io-Super Io alle relazioni con il mondo esterno era già stato operato da Anna Freud, che nell’opera L’Io e i meccanismi di difesa considerava l’Io come una struttura psichica che tende a organizzare e a rendere permanenti e funzionali le difese, opponendosi alla destrutturazione delle barriere che ha interposto alle richieste pulsionali. I meccanismi di difesa sono messi in moto contro tre tipi di angoscia che colpiscono l’Io di fronte alla morale, alla realtà e alle pulsioni.Partendo da queste premesse, l’autore che maggiormente contribuì a teorizzare la psicologia dell’Io fu Heinz Hartmann (1894-1970). Hartmann, applicando il concetto darwiniano dell’evoluzione della specie all’Io, considerava il progressivo sviluppo non solo di un Sé fisico, ma anche di un Sé psicologico. Egli non immaginava un bambino che fluttua in un mondo di sogno e viene bruscamente costretto ad adattarsi a una realtà che improvvisamente gli viene addosso, quanto piuttosto un bambino che arriva nel mondo con le potenzialità dell’Io già presenti dentro di sé, in attesa che le condizioni ambientali “medie prevedibili” ne inneschino la crescita.Anziché formarsi nel conflitto e nella frustrazione, alcune capacità dell’Io “libere da conflitti” sono considerate potenzialmente intrinseche, parte della dotazione che ciascun individuo possiede dalla nascita, funzioni che emergono naturalmente in un ambiente adeguato, permettendo a ciascuno di inserirsi nel mondo che lo circonda: tali capacità comprendono il linguaggio, la percezione, la comprensione dell’oggetto e il pensiero.Hartmann condusse un’indagine, riportata nel suo testo Psicologia dell’Io e problema dell’adattamento (1937), sullo sviluppo adattativo non conflittuale: ad esempio, la difesa dell’intellettualizzazione, che impiega il pensiero astratto nel tentativo di impedire che le emozioni conflittuali giungano alla consapevolezza, è spesso la difesa dominante delle persone molto intelligenti, la cui capacità di pensiero astratto può essere usata in modo significativamente adattativo. Per l’analista, interpretare soltanto l’aspetto difensivo (“lei intellettualizza, invece di sentire”) significa rischiare di lasciare il paziente con la sensazione che ci sia qualcosa che non va nella sua capacità di pensare.La particolarità del pensiero di Hartmann consiste nell’individuare nello psichico “zone libere da conflitti”, in cui i processi razionali avvengono senza l’interferenza dei moti pulsionali. Ciò garantisce l’autonomia primaria dell’Io, che può dunque gestire le modificazioni verso l’interno e verso l’esterno attraverso cui ridurre le tensioni che si presentano.Alla psicologia evolutiva dell’Io si rifanno autori quali R. Spitz, M. Mahaler e E.H. Erikson (vedi
Psicologia dell’età evolutiva).