(ingl. differencial psychology; ted. differentielle Psychologie; fr. psychologie différencielle)A. Anastasi (1937) afferma che lo studio delle differenze individuali non costituisce un settore definito e circoscritto della psicologia, bensì un metodo di comprensione e di approfondimento delle caratteristiche comportamentali. Esso infatti assume a suo oggetto di studio la natura e la grandezza delle differenze esistenti tra gruppi, individui, sessi, classi sociali e d’età, etnie, in termini di intelligenza, apprendimento, attitudini e tratti della personalità.La psicologia differenziale deve la sua origine alla tesi formulata da C. Darwin (1859), secondo cui la causa delle differenze tra soggetti di una medesima specie è imputabile all’evoluzione di quest’ultima. Il tentativo di tradurre in pratica tale assunto viene compiuto da F. Galton (1869), che inizialmente cerca di definire gli elementi distintivi di taluni individui geniali rispetto alla popolazione totale e in seguito fonda un laboratorio antropometrico in cui registra e misura le differenze relative all’acutezza uditiva e visiva, ai tempi di reazione e alla forza muscolare di un gran numero di performance individuali. Dalla fine dell’Ottocento, la psicologia differenziale va affermando la propria autonomia attraverso l’uso sistematico di test (vedi
Psicologia applicata) impiegati su intere categorie di soggetti, come si individua nello studio di T. Thompson (1903) che realizza la prima indagine moderna in tale ambito. “A influenzare lo sviluppo di questo nuovo campo troviamo gli scritti filosofici degli psicologi presperimentali, i primi tentativi degli astronomi di ottenere delle misure esatte delle differenze individuali nel tempo di reazione, il sorgere del metodo sperimentale in psicologia, alcuni importanti sviluppi nel campo della biologia e della statistica, e il metodo dei reattivi mentali” (Anastasi 1937).All’inizio del Novecento, la psicologia differenziale è andata strutturandosi in campo statistico, grazie allo sviluppo delle conoscenze e alla capacità di affinare sempre più le possibilità di misurazione. A. Binet mostra che le differenze individuali si articolano lungo una scala continua, nella quale la maggior incidenza delle variabili si distribuisce attorno alla curva gaussiana, ove al centro si evidenzia la maggior concentrazione dei casi, che vanno via via decrescendo ai lati. C. Spearman, R.B. Cattell, L.L. Thurstone e H.J. Eysenck correlano l’analisi fattoriale con lo studio delle differenze di personalità, uniscono cioè in fattori le relazioni già individuate tra le variabili, le quali vengono ottenute con l’ausilio di test oggettivi che vagliano l’intera personalità o singoli tratti.Il più significativo studio delle differenze individuali in campo psicodinamico è quello di C.G. Jung (1921) sulla tipologia (vedi
Psicologia analitica), che considera le caratteristiche comportamentali dell’individuo come modalità di orientamento e di atteggiamento verso il mondo esterno e verso quello interno.