I disturbi della normale alternanza (ritmo) sonno-veglia possono essere classificati nella seguente maniera:Sindrome da salto di fusi orari. Anche denominata jet lag syndrome, è una sindrome che fa seguito a rapidi spostamenti (di solito aerei) in località con fuso orario diverso dal luogo di partenza; i soggetti colpiti riferiscono insonnia (per riduzione della durata del sonno), difficoltà a iniziare e a mantenere il sonno, difficoltà di concentrazione, affaticabilità, irritabilità e disordini viscero-vegetativi, con durata e gravità proporzionale al numero dei fusi saltati (maggiore gravità oltre i 6), alla direzione del viaggio (maggiore durata del disturbo dopo viaggi in direzione Est), agli orari di partenza o di arrivo. Interessa individui predisposti di entrambi i sessi e risulta più frequente oltre i 50 anni. È solitamente di breve durata (2-3 giorni, raggiungendo sporadicamente i 7-8), con un progressivo riaggiustamento dei ritmi circadiani pari a circa 90 minuti al giorno per i viaggi verso Occidente e di 60 minuti per quelli verso Oriente. Il trattamento prevede il mantenimento degli orari della località di partenza (se il soggiorno è di breve durata o non vengono richiesti orari inderogabili); se ciò non possibile, è opportuno ricorrere a una prevenzione consistente rispettivamente in un ritardo di addormentamento e sveglia di 1-2 ore nei 2 giorni che precedono un viaggio verso Ovest e in un identico anticipo per lo stesso periodo di tempo nel caso di spostamenti verso Est, con eventuale impiego di benzodiazepine a breve emivita a scopo ipnoinducente. Il disturbo recede più rapidamente se il soggetto viene esposto a luce solare rispetto a quella artificiale.Sindrome dei turnisti. È caratterizzata da disturbi della veglia, del sonno e delle funzioni viscero-vegetative in conseguenza a turni di lavoro che non rispettano l’abituale ritmo circadiano di sonno-veglia e di altre funzioni dell’organismo. Particolare importanza assume anche la rotazione dell’orario (meglio tollerata la variazione ciclica mattino, pomeriggio, notte rispetto al contrario). La sintomatologia è rappresentata da sonnolenza, affaticamento e irritabilità nei periodi di veglia, con minore efficienza e maggior rischio di infortuni sul lavoro; il sonno è interrotto da numerosi risvegli, con il progressivo sviluppo di una condizione di privazione parziale di sonno nelle 24 ore. L’evoluzione è strettamente legata alla persistenza di alterati ritmi di lavoro e può essere complicata da un progressivo interessamento delle condizioni psichiche e fisiche (disturbi gastrointestinali e cardiovascolari). La soluzione terapeutica più adeguata consiste nell’abbandono dei ritmi di lavoro ciclici o, qualora non possibile, stabilendo il riposo nel pomeriggio (se il turno notturno è costante) e frammentandolo nei giorni con successiva notte libera da lavoro (2-3 ore al pomeriggio e 5-6 ore nella notte).Sindrome della fase di sonno ritardata. Denominata anche delayed sleep phase syndrome, è caratterizzata da uno spostamento del periodo di sonno verso le ore del mattino con conseguente difficoltà o impossibilità di ottemperare agli impegni sociali; a fronte del mantenimento degli stessi, ne deriva una diminuzione delle ore di sonno nelle 24 ore (2-5 ore durante i giorni feriali) con conseguente sonnolenza diurna (più spiccata nella tarda mattinata e nelle prime ore pomeridiane) e successivo recupero del sonno durante i giorni festivi (fino a 9-14 ore in assenza di risveglio forzato). Si instaura frequentemente nel corso dell’adolescenza (quando inizia in epoche successive può essere sostenuta da sindromi psicopatologiche o ad abuso di alcolici o sedativi) e può durare mesi o anni, interessando fino al 7% dei soggetti. Sembrerebbe determinata da una primitiva riduzione della durata del ciclo circadiano. L’evoluzione è tendenzialmente di tipo cronico; tuttavia, con possibilità di recupero in pazienti motivati e a seguito di corretto trattamento mediante cronoterapia (ritardo quotidiano di 3 ore del momento di andare a letto e ugualmente per l’orario di risveglio al mattino, seguito dall’immediato abbandono del letto, raggiungendo l’orario desiderato in 5-7 giorni e mantenendo un rigoroso controllo per le 3-4 settimane successive) o attraverso la somministrazione di melatonina.Sindrome della fase di sonno anticipata. È una sindrome piuttosto rara, caratterizzata da un anticipo del periodo di sonno nelle ore serali e dal risveglio precoce nelle prime ore del mattino, con sonnolenza serale (e compromissione degli impegni sociali e serali) e buono stato di sveglia. Sembrerebbe determinata da una primitiva riduzione della durata del ciclo circadiano. Ha evoluzione tendenzialmente cronica. Il principale approccio terapeutico è rappresentato dalla cronoterapia.Sindrome ipernictemerale. Anche denominata non-24h sleep-wake syndrome, è una sindrome cronica caratterizzata da un quadro di stabile ritardo di 1-2 ore nell’insorgenza del sonno e nel ritardo alla fase di veglia, secondo un ciclo di 25 o più ore, con conseguente entrata o uscita di fase con gli orari sociali consueti ogni 3-4 settimane. I pazienti, quindi, alternano periodi asintomatici a periodi di insonnia notturna e sonnolenza diurna, con conseguente riduzione della capacità di performance. La sindrome colpisce prevalentemente i non vedenti (per lesione prechiasmatica, in relazione alla conservazione o meno del tratto retino-ipotalamico connesso al nucleo sovrachiasmatico dell’ipotalamo) o soggetti normali in condizioni di deprivazione sensoriale. Si sono dimostrati utili al trattamento un programma orario circadiano rigido mantenuto per lunghi periodi e la somministrazione di vitamina B12 e di melatonina.Ritmo sonno-veglia irregolare. È caratterizzato dalla comparsa di episodi di sonno irregolari e frazionati nelle 24 ore. Colpisce quasi esclusivamente soggetti con gravi disfunzioni cerebrali congenite, di sviluppo o degenerative (disfunzione dei centri cerebrali che governano l’orologio biologico), o soggetti peraltro normali in presenza di lunghi periodi di allettamento con anarchico orario dei pasti e di riposo (talvolta per rifiuto a mantenere i consueti impegni sociali, aumentando la permanenza a letto al mattino e in presenza di sonnellini diurni). I pazienti cognitivamente indenni, pur in grado di comprendere la natura dell’insonnia, risultano di solito restii ad accettare e a eseguire le indicazioni terapeutiche (mantenere regolari orari di addormentamento e di risveglio, evitando i sonnellini diurni), mentre per quanto riguarda i soggetti con grave compromissione mentale l’unica possibilità consiste nell’adeguata istruzione del personale di assistenza.Vedi anche
Ipersonnie, Parasonnie, Sonno, Sonno, disturbi del.